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L'urlo del lupo
   Correvo, facendo rotolare un cerchio in ferro, spingendolo e tenedolo in equilibrio con una bacchetta metallica, ricurva in punta. Correvo sul marciapiede di via Zamagna; la concentrazione nel gioco fu turbata da una presenza alle mie spalle; con la coda dell'occhio avevo visto un cane, con la bocca aperta proteso verso i miei polpacci. Con un HAAAAAAAA... di paura mi lanciai in fuga abbandonando tutto. La belva mi raggiunse ed io caddi al suolo.   Le spalle a terra, bloccato dalle zampe sul petto, la belva cominciava a soddisfare i suoi crudeli istinti: mi leccava il viso, pregustando il boccone, pulendolo, mentre la bocca gocciolava saliva, prima di affondare i denti nelle teneri carni. TOM si limitò a leccarmi. Entrava così, con quest'incontro ufficiale, in famiglia all'étà di 5 mesi; io avevo cinque anni.
  Papà aveva trovato Tom, presso un cantadino, alla "cascina brusada", dove era stato lasciato dai suoi padroni, partiti per la Svizzera agli inizi della guerra. La sua funzione sarebbe stata di divenire, crescendo, il difensore del negozio, che era stato da poco svaligiato.   Ma ben presto la vita cambiò e si passò dai furti alla vita del tempo di guerra: ai danni s'aggiungevano le vittime della mostruosa macchina.
  La guerra non era più solo al fronte, entrava nelle città per distruggere la vita. La prima volta fu un attacco aereo nel bel mezzo di una notte. Mi risvegliai all'esplosione delle prime bombe. Mentre mamma cercava di vestirmi, Carla lo faceva lentamente ancora mezz'addormentata, papà cercava di svegliare Maria che si era rigirata dall'altra parte del letto. Io non capivo che succedeva. Mamma diceva eccitata di far presto, mentre la casa tremava, perché sarebbero tornati. Mentre il rombo d'altri aerei si avvicinava, mamma scendeva le scale stringendomi tra le braccia, verso il rifugio.
  A bombardamento finito, si vedevano case sventrate, formicolanti di pompieri, e negli edifici rimasti intatti i danni erano dovuti allo spostamento d'aria causato dalle esplosioni, che avevano sfondato le saracinesche dei negozi, tra i quali anche il nostro, e rotto i vetri di numerose finestre e vetrine.
  Tom era uscito nella strada, a saracinesca sventrata, sotto il diluvio di fuoco e bombe. A partire da quel momento era scomparso.
  Rientrò due giorni dopo in uno stato pietoso.
  Aveva cambiato il suo comportamento: quando faceva freddo o caldo scavava un buco nel suolo e vi si arrotolava all'interno, per conservare il calore del corpo quando faceva freddo, restare in contatto col fresco del terreno appena scavato, quando faceva caldo.
  Soprattutto aveva imparato a riconoscere il rumore lontano dei bombardieri in avvicinamento: assai prima dell'urlo delle sirene usciva nel bel mezzo del cortile e, la testa levata al cielo, lanciava, come un messaggio pieno di dolore, l'urlo del lupo. Grazie Tom, gli dicevano i vicini, se non ci fossi tu .... Era il nostro messaggero, e ci invitava a metterci al riparo. Chissà se anche zio Pietro, in quel momento sul fronte Russo, aveva anche lui un Tom, che lo avvisasse del pericolo?

Camillo GOJ

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